Autori - - Ceni Alessandro





otto poesie da "Combattimento ininterrotto"






Tra il vento e l'acqua

Da questo punto in là iniziano i gridi,
che nessuno sa come sia possibile.
Da questo punto preciso in là iniziano i gridi
che si emettono come sonde nello spazio
o missili predisposti al non-ritorno o inquiete macchine
che stanno, percosse da violente scariche di energia statica.
Questi gridi che nessuno sa non provengono, non giungono,
semplicemente iniziano nel punto preciso in cui iniziano.
Certo è che là ci sono frasche urticanti, i raffi
della robinia e il pruno acuto, le aste zannute di aranci amari
e limoni acerbi, e ogni pianta portatrice di spino e
tutto ciò che punge, il fitto e aguzzo schermo delle rondini,
gli intrichi puntuti di minimi animali che vanno
in acuminate onde o s'impigliano ai nembi di un rovo,
e l'aculeo è il sommo bene.
Certo è che è certo che sul limine
l'uragano delle parole fonde e, unica, si accende,
mulinata dal pungiglione nella puleggia di cuoio, la
pietra focaia dell'inarticolazione: di qua
tutto è infelice e indigesto,
gli uomini vanno servi, le donne prostitute, i bambini
vomitano densi liquidi verdi e cacano nero.
Di qua in là ci senti l'uccello che non canta,
il pesce che non nuota, che non verrà a riprenderci nessuno.
Non vi si distende la grazia di nessun Signore.





Autocombustione

Mai in loro presenza.
Bensì dalla distanza, abbracciali,
quando sei invisibile e lontano, tutti,
affetti e amici.
Mai in loro presenza.
Lascia che il fiume sciolta in te la zavorra della speranza
si volga a controllare gli scalmi
e discenda le numerose anse del suo andare, che moltiplichi,
sgomiti, macini sassi stesi ed erbe insane: cose, tutte,
facilmente immaginabili: il fiume trasporta
banali cose: lo scomparso dato per scomparso, il
frammento del figlio rotto, la prestanza del drudo
e l'ignominia della sonda, l'incontrollabile pornografia
della salvezza inalberata e il registratore
con incorporato il fantasma che assonaglia
catene da neve fuori scena o goccia a goccia
come collirio o flebo si esprime: rumori e insistenza.
Stringili al cappio del tuo infelice pensiero,
alla gomena del capestro della tua mente e,
allentato il solitario argano, impiccali,
sequenza per sequenza, nell'inutile cassero del tuo angusto cuore,
affinché come vibratili fiaccole dentro una caverna
o agitate ricerche sopra le rughe del mare o
grida controvento tra il vento nel frumento
restino avvedutamente inconsapevoli e più saggi
così privati del tuo nascosto cuore.





Ricovero per indigenti


Dio chiamò a sé
e lo fece
ardendoli vivi
in
un edificio scolastico
nel
modo più vile, nel sonno,
in un orfanotrofio
o fabbricato
dismesso o villaggio operaio o
ronda di casiglianti lungo i
perimetrali degli averni condominiali,
nelle
dimore di pena
annegandoli
tenendo
loro sotto la testa
nel
lavandino del mare comune
se
salpano festanti
su
navigli di silicio,
le negri pelli di
ebreo tese al sole ad asciugare
esplodendoli
su mine inesplose
schiacciandoli
in
un pullman in gita
sbatacchiandoli
contro l'insonorizzato
sgabello in cui incespichi e cadi,
com'è della noce sul sasso o della drizza
sul capo del figlio di Ettore
appoggiandoli
alla
benda della fucilazione
al muro delle
fibule, alla foglia d'alloro
al gabbio dei
ricordi, alla paranza di spume
concupendoli
nel tempio
evirandoli
nell'attesa
abitandoli
nella colpa
ignorandoli
nell'invocazione
e
lodandoli
mandarli a farsi la doccia
dopo il ring o la
camera ardente o la sala da ballo.
Quando
rintascato il fischietto
dio
siede lì
flesso
sul bordo sbreccato
di qualsiasi cosa,
la tesa
del cappello arrovesciata
ad una
brezza breve da colonia estiva,
le gambe
oltre la murata
scabrosa di una tazza che porgi
l'angelo cesserà di frapporsi
tra te e la fine:
sei
la madre che si
getta dalla finestra del bagno
stringendosi il piccolo al petto.






ics

La dura realtà dei fatti
abita qui con me con uno che abita con me
uno stanzone sotto a un neon, uno
che asserisce delle cose, afferma dei diritti,
dichiara dei doveri e, soprattutto, mi parla,
in perpetua emergenza di compagnia, di pasto e pastura,
rammaricandosi ad un infisso di alluminio:
una fantasima, che staccandosi dal muro, avvolta
dalla carta da parati fiorita muove
i suoi primi funambolici passi dentro il girello
di un amore funesto:

lo spettro incede rasente, a capo chino le pelle d'oca,
le pareti del bislungo box di un ricordo,
scelto tra l'ammoniaca dei suoi, lacrima
lungo il corrimano di un'esistenza tutta lampi
e tenaglie sporgendo nella stretta del pugno
il ballatoio di una candela che non dà conforto, e
spreme torchiandola fra lo stipite e il battente
l'aceto della nenia di una memoria:

la dura realtà dei fatti
dorme con uno sconosciuto in una carcassa
d'automobile, ha moglie e figli sui sedili sfondati,
erbacce tra i pedali, stringe un volante di fumo,
fa il clacson con la bocca: e una lunga
strada carambola ai suoi piedi, imposta
la triste curva che balugina l'apice della montagna
per serpeggiando disparire come un graffio sul vetro
in un vallone, e scorrere con l'acqua
nei tubi della casa di una donna mestruata,
giunta dal nord, da un Canada, come
giunge il vento artico a chiudere l'anno.





Transito della Venere selvatica

Sopra sovrassalati spazi
e di là da dune,
dove ardeidi tantali e cesene
rugolano le spoglie chitinose degli insetti
in repenti cretti adusi di ghiareti o
sbrezzano in semplici depressioni del terreno
le indifese coppe colme di niente dei loro nidi o
sventolano sulle darsene le sagome di cartone dipinto -
straniera e solitaria
silvide oscura
sottesa al magro verde di uno sconosciuto -
la femmina fa udire un rauco grido di richiesta:

Poiché costretta nell'arena del canto
debbo accovacciarmi
sul pavimento della camera che mi accoglie -
la mente altrove e lo spirito sempre -
tra reti di pesci, rigurgiti e feci,
là dove, mascherato ed anomino,
è più altissimo il mio dardo canoro
e dirti forte e chiaro:

Non disperarti per questa bambina,
qui è la sua virtù, qui è il suo vizio,
qui la sua ignoranza, la sua conoscenza,
e i suoi complici sono se stessa -
la vera camera ha l'entrata occultata,
l'altra (la prima) resta vuota
per deludere coloro che la visitassero.





Tempio

Eccomi, irriducibile tramite tra il cielo e la terra,
eccomi tra di voi, piante, officiante a medicarvi,
eccomi tra di voi completamente nudo e duro, pronto
a ingravidarvi al vostro minimo assenso:

come l'animale che libero siede e si volta
una sola volta a controllare se ci sei
e si appaga della sola tua presenza, un attimo prima
che l'intera foresta balzi e strepitando gli muova incontro,
così è il mio amore: asciutto e privo di ogni gioia:
nello stesso modo i delusi si separano o
un uomo viene fatto scendere alla frontiera:

ma, simile a chi si desta in un letto non suo e,
dimentico del presente inconsapevole del passato, non sa
e si domanda e bussa alla sua propria porta, vengo
umilmente a celebrare in voi me, a date stabilite,
il vostro inverno e la vostra primavera in me:

non ha prove il buon fabbro
quando pinza l'altrui morte: la forgia
al fastello delle proprie fiamme, l'afferra col mantice
dei sospiri, e poiché la morte ha un breve prologo nella vita
egli su di lei batte dal nulla un'incudine d'immagini:
una sconosciuta lacrima lo tormenta
un inusitato granello di polvere gli angoscia nell'occhio,
l'indesiderata stilla che friggerà sul suo ferro raffreddandolo:

così, dinnanzi a voi, piante, mi nomino al neutro,
l'indivisibile, il sempre scisso,
accordo al vostro muto campo il mio sonaglio
e spezzo ogni legame come fossero fili di lana.





Uomo alla finestra del palazzo di fronte

Non dico, no, torna a casa
e picchia tua madre; dico:
torna a casa e guarda tua madre
come se volessi farlo; meglio,
come se l'avessi fatto: soprattutto d'estate,
quando la borra o la pallottola di fango secco
si fissa definitiva nell'interstizio
e la caldara del cielo
è una canopia di acque caustiche
e la madre v'immerge il carcame del petto,
e la pula, la loppa, la gluma, la loia,
la cote, la mola coltello alla mano
la guardano come se l'avessi fatto,
soprattutto d'estate
guardala anche tu
come dall'interno di un cadavere, le
palle in bocca, animato da buone intenzioni
ed accennando un rispetto: soprattutto d'estate,
quando una sera che, secondo il solito,
vai vagando per i cortili e le corti di servizio
allo scopo di fiutarvi la carne cruda,
e lui e lei se le dicono sul muso
e uno sbuca da un'ombra
conversando
come un fluido d'uccelli che sigilla,
i tuoi occhi, fattisi buio,
ora distinguono
in cumuli compatti ai bordi della via
la bassa mercanzia con cui s'intrecciano i sogni,
l'onesto ciarpame adatto per volare e/o nuotare,
parlare agli animali e/o sott'acqua, essere invisibile e/o
salire e/o scendere le scale, smarrirsi
e/o trovarsi impagliati nell'erba i sintomi, la malattia,
e quel che ne consegue:
tua madre picchiata a sangue,
il defunto si alza dalla tavola imbandita.





Nella valle dello Scesta

Le
albere
lungo
le prode
di un bosco che dorme armato o veglia in armi belle
come una donna che si netta le dita dei piedi
e se le annusa
sentono l'odore della carne:

In questo punto
si rilevano tracce d'inseguimento,
col soggetto in esame che scarta
ora a destra ora a sinistra,
per poi compiere un semicerchio e
concludersi in una continua scia tra le foglie
o perpetua macellazione tra le foglie
o fortore di bestia inferma tra le foglie
o rapido slaccio di cintura tra le foglie,
perché qui, probabilmente, ha gridato, come
si evince dalla pesta più profonda
nel composto dell'umida vita
lavorata di fresco:

Dando però le spalle a chi guarda,
un poco in basso sullo scendere
sotto un fastello di voci contraffatte,
è un gioco interrotto,
un razzolio di fanciulli defunti
passati per lo scolo in un magato sottosuolo
e qui tornati a giocare
da chissà quali periferie,
è un sacchetto, un vaporio di cantilene,
un mazzo di cannucce,
portati a una festa dolorosa come un involucro:

Certo qui i ferini bimbi
hanno marciato sicuri in battaglia
massacrato i nemici condotto autentica guerra
sono morti e guariti
battuto piste in cerca di compagni feriti
hanno fatto detto baciato lettera e testamento
hanno proclamato io sono il capo della casa
io sono il custode del pane
privo di autorità autorevole privo di sovranità sovrano,
certo qui le mansuetissime bimbe
hanno figliato maschi ai guerrieri
in pentolini cotto invisibili pasti atteso
in piedi in turbini di neve avvolte in coperte
indiane che regredendo il fronte del ghiacciaio
sortissero dall'anfiteatro i cacciatori, hanno allattato:

Qualcosa
date le circostanze
è comunque intervenuto, perché -
il bossolo lo s'immagina - secondo possibili
traiettorie e considerate le resultanze
ripassando molti anni dopo da qui,
il corpo avrebbe dovuto trovarsi sghembo
rispetto al senso di marcia delle cose,
ed ecco invece l'anello della sposa
ecco la sua camera di ragazza madita di sperma freddo
ecco il dovere, il rispetto, l'onore
che la selva in piedi alitando le tributa
come per cosa grande e irrevocabilmente perduta:
e tutto questo se il cadavere ci fosse,
e non ci fosse soltanto qualcosa di caduto, di pesante,
un odore di zoo, di dromedari, di presidio abbandonato:

Verticalmente
scorre il pianto,
la traccia del detritico sentiero
di coloro che viaggiano da soli
che sono luce a se stessi,
sul quale deve aver scivolato il piede in breccia,
indizio di fuga o prova di resistenza,
come di vedova che rimesti tra le carte di lui
o lenta abrada in mezzo al brusire la fustaia
con indosso postumi abiti:

Eppure, rumori di avvicinamento,
di cerchio grigio, di sensazione che
fuori ci sia cosa o chi
voglia entrare senza però riuscire a capire
se il tuo canto serva a tenerlo lontano
oppure ad adescarlo, di elicottero che non s'alza
e insiste sui motori, di remota segheria alpestre,
di valico, di acque per fessure, di
telefono non riagganciato con dentro
uno che si sposta, un criccare di pliche,
di bottinatrici che s'inselvano, di spore,
di sagittale liberazione, di scomparso
in solitaria ascesa, di staccionata che geme,
di cancelletto che sbatte per il continuo
svellersi dai luoghi e rinunciare, di
spostamento, anche, di occultamento, quindi,
d'inoltrarsi per la sutura in piccolissimi branchi -
tre o quattro elementi scelti al massimo -
dei predisposti e preparati
all'implacabile pace, all'infinita fine.